Conseguenze di sovrappeso e obesità sulla salute

 

 Mangiare senza giudizio quando si è sani significa costruire la propria malattia,

 Mangiare senza giudizio quando si è malati significa nutrire la propria malattia.

Ippocrate, 460-377 a.c.

Le conseguenze di obesità e sovrappeso sulla salute sono molte e varie: dall’aumento del rischio di morte prematura a diversi disturbi debilitanti e psicologici che non sono letali, ma che possono influire negativamente sulla qualità della vita.
I maggiori sono:

Il grado di rischio è influenzato, per esempio, dalla quantità relativa di peso in eccesso, dalla localizzazione del grasso corporeo, dall’importanza dell’aumento di peso nell’età adulta e dalla quantità di attività fisica.

Sindrome metabolica

E’ la più nuova di tutte le “malattie” e, se vogliamo, è anche un po’ strana. Nata dall’esigenza di individuare le persone a più alto rischio d’infarto, si è poi caratterizzata con l’insulino resistenza, cioè con quelle alterazioni metaboliche che rappresentano un po’ il punto di cedimento di tutte le “violazioni di stile di vita” più comuni: alimentazione inadeguata, inattività fisica e fumo. Si definisce in “sindrome metabolica” una persona che presenti contemporaneamente almeno 3 dei seguenti parametri alterati:

  1. pressione arteriosa superiore a 130/85 mmHg.
  2. trigliceridi superiori a 150 mg%.
  3. colesterolo buono (HDL) basso, inferiore a 40 nelle donne e 50 mmol/L negli uomini.
  4. glicemia superiore a 100 mg%.
  5. circonferenza vita superiore a 88 cm nelle donne e 102 cm negli uomini.

compliazioni-mediche-dellobesitaLa constatazione è che le persone con “sindrome metabolica” presentano un rischio di mortalità nettamente più alto delle altre, circa il doppio, anche se normopeso. Allo stesso modo una persona obesa senza altri segni di sindrome metabolica non presenta nessun apprezzabile aumento del rischio.
In realtà il rischio aumenta in maniera lineare all’aumentare del numero di alterazioni e, semplicemente, gli esperti hanno condiviso l’opinione di ritenere accettabile il rischio fino a due alterazioni e inaccettabile quello corso con tre o più alterazioni. E’ dimostrato quindi che anche piccole variazioni dalla “normalità”, come una pressione arteriosa di 135/85 o 160 mg% di trigliceridi che di per sé sono sempre state considerate con sufficienza, una volta riuniti in una costellazione di queste lievi alterazioni (almeno tre), costituiscono un elemento di rischio molto superiore che pesare 120 chili. Si tratta di piccoli campanelli d’allarme, ma che suonano molto forte “in coro”.
Un’altra novità è che si tratta di alterazioni “banali”, quasi tutte facilmente controllabili! La maggior parte di questi problemi può essere migliorata con un calo di peso relativamente modesto (10-15%), soprattutto se abbinato ad una alimentazione adeguata e un incremento dell’esercizio fisico. Molti studi hanno dimostrato che una dieta ricca di alimenti che caratterizzano la dieta mediterranea, sia in grado di ridurre gran parte dei valori che caratterizzano la sindrome metabolica. Osservazioni recenti ci dicono che bastano sei settimane!

Diabete di Tipo 2 e resistenza all’insulina

Di tutte le malattie gravi, il Diabete di Tipo 2 (il diabete che si sviluppa normalmente in età adulta) o diabete mellito non insulino-dipendente (NIDDM), è quello maggiormente legato all’obesità e al sovrappeso. In effetti, il rischio di sviluppare il Diabete di Tipo 2 aumenta già con un IMC nettamente al di sotto della soglia dell’obesità (IMC = 30). Le donne obese hanno probabilità 12 volte superiori di sviluppare il Diabete di Tipo 2 rispetto alle donne con un peso normale.
Il rischio di Diabete di Tipo 2 aumenta parallelamente all’IMC, soprattutto nei soggetti con una predisposizione genetica a questa malattia e cala parallelamente alla perdita di peso.

Malattie cardiovascolari e ipertensione

Le malattie cardiovascolari (CVD) comprendono la malattia coronarica (CHD), l’ictus e la malattia vascolare periferica. Queste patologie sono responsabili di un’elevata percentuale (fino a un terzo) della mortalità di uomini e donne nella maggior parte dei Paesi industrializzati con una crescente incidenza nei Paesi in via di sviluppo.
L’obesità predispone l’individuo a una serie di fattori di rischio cardiovascolare tra cui l’ipertensione e l’aumento del tasso di colesterolo nel sangue. Nella donna, l’obesità è al terzo posto tra i fattori di rischio di malattie cardiovascolari, dopo l’età e la pressione arteriosa. Una donna obesa ha un rischio di attacco cardiaco circa tre volte maggiore rispetto a quello di una donna magra della stessa età. I soggetti obesi hanno maggiori probabilità di avere alti livelli di trigliceridi (grassi) e di lipoproteina a bassa densità (LDL) o “colesterolo cattivo” e una diminuzione della lipoproteina ad alta densità (HDL) o “colesterolo buono”. Questo profilo metabolico si riscontra il più delle volte nelle persone obese con un elevato accumulo di grasso addominale (forma a “mela”) ed è stato messo in relazione con un aumento del rischio di malattie coronariche. Con la perdita di peso è prevedibile un miglioramento dei livelli di lipidi nel sangue. Una perdita di peso di 10 kg può determinare un calo del 15% dei livelli di colesterolo LDL e dell’8% dei livelli di colesterolo HDL.
L’associazione tra ipertensione (pressione arteriosa elevata) e obesità è ampiamente documentata e la proporzione d’ipertensione attribuibile all’obesità, nelle popolazioni occidentali, è stata stimata intorno al 30-65%. In effetti, la pressione arteriosa sale parallelamente all’IMC; per ogni aumento di peso di 10 kg, la pressione sale di 2-3mm Hg. Inversamente, il calo di peso induce una diminuzione della pressione arteriosa e solitamente per ogni riduzione del peso corporeo pari all’1%, la pressione scende di 1 o 2 mm Hg.
I soggetti in sovrappeso sono ipertesi in misura quasi tre volte superiore rispetto agli adulti con peso normale e il rischio di soffrire di ipertensione negli individui in sovrappeso tra i 20 e i 44 anni è quasi sei volte superiore rispetto agli adulti con peso normale.

Cancro

Anche se la correlazione tra obesità e cancro è meno ben definita, vari studi hanno rilevato un’associazione tra sovrappeso e incidenza di alcune forme di cancro, in particolare quelle ormone-dipendenti e gastrointestinali. Sono stati documentati maggiori rischi di cancro al seno, all’endometrio, alle ovaie e all’utero nelle donne obese e vi sono prove di aumento del rischio di cancro alla prostata e al retto negli uomini.
L’associazione più netta è con il cancro al colon, per il quale l’obesità aumenta di quasi tre volte il rischio, sia nell’uomo sia nella donna.

Gotta

E’ stata definita la malattia dei re: per contrarla, infatti, era indispensabile poter accedere a grandi quantità di cibo. Gran parte delle persone che soffrono di gotta sono francamente obese. Tra i personaggi famosi vittime della gotta ricordiamo Enrico VIII, Alessandro Magno, Carlomagno, Voltaire, Newton, Darwin, Leonardo. Tutti maschi perché la gotta colpisce quasi solo gli uomini. Le donne cominciano a soffrirne solo dopo la menopausa.
Già il filosofo John Locke (1632-1704), aveva individuato come, per stare meglio, era utile mangiare poca carne e abbondare in latte e verdure.
Questo perché un’alimentazione ricca di carne porta alla formazione di acido urico. L’acido urico è il modo con cui il nostro organismo elimina due basi azotate (adenina e guanina), chimicamente dette “purine”, presenti nel DNA ed RNA. Queste purine, trasformate in acido urico, devono essere eliminate dal rene con le urine. Quest’acido, essendo poco solubile in acqua, appena raggiunge i 7.0 mg%, tende a precipitare. Si formano così calcoli renali e cristalli che ledono i tessuti e scatenano una violenta risposta infiammatoria.

Osteoartrite

Le malattie degenerative delle articolazioni portanti, come il ginocchio, sono complicazioni molto diffuse dell’obesità e del sovrappeso. Il carico eccessivo è la causa del danno meccanico alle articolazioni.
Anche il dolore nella parte inferiore della schiena è più comune nei soggetti obesi e può essere uno dei fattori che contribuiscono maggiormente a causare l’assenza dal lavoro imputabile all’obesità.